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REWIND - L'OPERAIO STABILE SI RACCONTA: "LA MAGLIA AZZURRA NON SI SCOLLA MAI PIU' DALLA PELLE"

«Quella maglia azzurra, pure quando vai via, ti resta attaccata sulla pelle: non si scolla mai più». I racconti di Angelo Stabile sono un misto di emozione e passione, di un legame profondo con Pagani, anche a distanza di quaranta anni. Stabile è tra i protagonisti delle migliori pagine della storia della Paganese, anche se vuole precisare: «Non sono stato un fenomeno, non ero uno di quelli che lasciano il segno: mi definisco un operaio».

Qual è il ricordo più bello dell’esperienza a Pagani?
«Il profumo dei carciofi arrostiti sui fornellini la domenica mattina nel centro storico, le meravigliose tradizioni, la festa della Madonna delle Galline... Sono tante le cose che non posso dimenticare. Vivevo nel palazzo Belpedio, a via Napoli, non ho mai accettato l’idea di vivere fuori Pagani, a me interessava vivere la realtà. Calcisticamente, ero un operaio della Paganese che per la prima volta è salita in serie C e della squadra che ha sfiorato la promozione in B».

L’emozione più bella di quegli anni?
«La notte della vittoria del campionato: per festeggiare la serie C, noi calciatori fummo portati su un tir per una sfilata lungo il corso Padovano. Ero totalmente rimbambito e drogato da una gioia inimmaginabile. Quella volta un gruppo di tifosi della Paganese di notte andò a portare duemila pulcini colorati di azzurro lungo le strade a Nocera. Quando chiedemmo perché, ci risposero: “Perché i pulcini dicono ‘C, C, C’”».

Poi sfioraste il colpaccio della promozione in B. Raccontiamo quell’annata?
«Un anno bellissimo. Rambone era un allenatore burbero ma dal cuore d’oro, un timoniere favoloso. Eravamo uno squadrone con tanta gente che veniva da categorie superiori. Io ero un po’ ai margini: il quarto in attacco. Feci 15 presenze e mi ricordo il mio primo gol in serie C contro la Salernitana. Segnai anche contro il Benevento: dopo la rete al 90’ andai ad esultare sotto il settore dei tifosi e ricordo che vidi piegarsi la grata per l’entusiasmo. C’è una cosa dell’esperienza a Pagani che resta indimenticabile: quando vedevi i tifosi assiepati sulle gradinate, i fumogeni, le bandiere azzurre, partivi e non ti fermavi più, davi anche quello che non avevi».

Passiamo ai rapporti interpersonali: quali sono i legami più belli di quell’esperienza?
«Ricordo tutti: Torre, De Risi, Cascone, De Pascale, Malet… Tutte persone che, come l’attuale presidente Trapani, avevano la Paganese nel cuore. Anche Dino Malet che non capiva niente di pallone si faceva sempre coinvolgere dall’entusiasmo e ci dava i premi partita. A distanza di anni ti resta dentro il fatto di aver conosciuto Marcello Torre, lo dico con commozione: non so Pagani come ha fatto a perdere una persona del genere. Marcello era un palmo sulla media, una persona dolce, unica, con capacità straordinarie. Con i dirigenti non avevamo un rapporto distaccato: Torre, per esempio, mi convinse a riprendere gli studi di Giurisprudenza quando avevo mollato l’università. Avevamo con loro un rapporto umano, profondo, autentico, vero. Poi c’erano tanti personaggi popolari che mi sono rimasti nel cuore. Penso a Luis Conforti, a Guappetiello, a Paolo la Rosa Nera, che ci vendeva i numeri per le riffe… Sono personaggi che nella mente di chi li ha conosciuti non moriranno mai».

E con i suoi compagni di squadra?
«Penso ad Angelo Mammì: ho giocato in coppia con lui quando vincemmo il campionato di serie D. Io e Patalano credo fummo i primi in quella categoria a giocare come punte esterne e lui in area da rigore. Angelo ci diceva: “buttate la palla che ci penso io”. Capimmo che bisognava spogliarsi del protagonismo e vincemmo così il campionato. Ho pianto tanto al funerale di Angelo: era un vero paganese, anche se adottivo; è stato un paganese purosangue».

Chiudiamo parlando della Paganese di oggi: cosa diciamo?
«Devo tornare a Pagani per una partita e soprattutto voglio portare bene. Sono spesso in contatto con alcuni tifosi e so che allo stadio ci sono poche persone la domenica. Pensiamo a fare dignitosamente un campionato di serie C: so che è difficile ma la città lo merita. Diamoci dentro, rialziamo le sorti di questa Paganese!»

Barbara Ruggiero
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